Made in Italy: come il marchio può vincere la crisi
L’emergenza sanitaria portata dal virus si trasforma in emergenza economica, portando a una vera e propria spaccatura del mondo “prima” e “dopo” il Covid-19, che assume sempre più il ruolo di spartiacque storico.
Gli effetti collaterali di questa crisi sono visibili anche sul Made in Italy, punta di diamante della nostra economia.
Va ricordato come “Made in Italy” non sia solo un termine generico per riferirsi a beni prodotti in Italia, ma sia un vero e proprio marchio il cui utilizzo è disciplinato da apposite leggi. La presenza in etichetta di questa dicitura è garanzia di qualità in tutto il mondo; non a caso uno studio pubblicato nel 2017 da Forbes ha valutato il Made in Italy al 7° posto in termini di reputazione tra i consumatori di tutto il mondo.
Il marchio è sempre stato molto forte, tanto da essere riuscito a fronteggiare la crisi economica del 2008 e la rivalità delle produzioni più economiche di altri Paesi.
Tutto questo prima del Coronavirus. Cosa ci attende dopo?
Prima di questa nuova crisi, il valore del Made in Italy aveva continuato a crescere a doppia cifra di anno in anno. Secondo i dati di marzo 2019 questo valore era arrivato a raggiungere la cifra record di 96,9 miliardi di dollari. In questa classifica a dominare erano soprattutto i marchi del lusso, con un contributo pari al 40% circa.
Ora, con lo scoppio della pandemia, il valore del marchio è a rischio – sia da un punto di vista economico che per quanto riguarda la reputazione e il prestigio acquisiti negli anni. Come può il Made in Italy affrontare anche questo nuovo shock fisico con forte impatto socio-economico?
La ripresa dell’industria italiana potrebbe partire proprio dall’export, identificando un mercato strategico nei paesi asiatici, che saranno i primi ad uscire dalla crisi. Alla fine del 2019, infatti, l’Italia si è posizionata come ottavo Paese esportatore al mondo, con ritmi molto dinamici che hanno contribuito al 3% dell’export globale.
Da non sottovalutare anche l’importanza della promozione sui canali digitali, in quanto emerge sempre più come l’e-commerce e la presenza online siano degli strumenti strategici in questo periodo di emergenza.
Da un punto di vista digitale, accanto all’e-commerce si stanno ipotizzando inoltre nuovi format di eventi online, ossia “fiere virtuali” aperte 365 giorni l’anno che possano contribuire al sostegno del commercio verso l’estero, che da solo vale 1/3 del PIL nazionale.
Chi sostiene il Made in Italy?
In questa prima fase gran parte del sostegno proviene dal cuore del Paese: secondo un recente sondaggio di Swg-Legacoop , infatti, oltre l’80% degli italiani ritiene importante acquistare solo prodotti Made in Italy per sostenere l’economia in questo momento di difficoltà.
Ma anche dall’estero provengono segnali positivi: nonostante le accese polemiche scaturite da fake-news o spot come quello francese della “pizza al Coronavirus”, i marchi italiani tengono alta la propria reputazione all’estero.
Sono diventate di esempio positivo in tutto il mondo i casi delle aziende italiane di alta moda che hanno riconvertito le proprie fabbriche per produrre mascherine e altri dispositivi di protezione individuale.
La chiave è l’innovazione
L’obbiettivo, terminata la fase più acuta dell’emergenza, sarà quello di farsi trovare preparati per la ripresa. Questa crisi potrà essere un punto di partenza attraverso il quale andare a rinforzare nuovi canali di vendita e produzione.
Primo fra tutti il digitale, fondamentale soprattutto nella prima fase di transizione che prevedrà il distanziamento sociale; questa sarà una tappa obbligata e urgente che potrà essere di aiuto al Made in Italy per affrontare il periodo post-pandemia. Servirà quindi una forte spinta all’innovazione, tendenza che agli italiani non manca, ma che dovrà essere messa in pratica senza indugi.
Fonti dei dati:
https://www.forbes.com/
https://madeinitaly.org/
https://www.agi.it/
https://www.ansa.it/
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